Buongiorno e buon lunedì a tutti!
Oggi parliamo di consapevolezza e di soldi.
Possiamo definire la finanza personale come il campo di studio relativo alle decisioni sulle nostre finanze che compiamo come singoli.
Come risparmiare: “trucchi giapponesi”
Ecco: se approfondite sui social, su Google o su Amazon il tema della finanza personale, si scatena l’inferno: al grido di “Risparmiare il più possibile is the new black“, troverete sedicenti guru che vi promettono che diventerete milionari, vi danno regole numeriche di suddivisione del patrimonio e proporzioni…
C’è anche chi si affida ai giapponesi ma, non ricordandosi il nome “kakebo“, googla giustamente “trucchi giapponesi” o “soldi giapponesi” per trovare il metodo che gli svolterà la vita.
Il problema? Lo stesso di ogni metodo che si concentra soltanto su numeri e tecnicismi
Se siete riusciti a risparmiare di più o a cambiare il vostro rapporto ascoltando i consigli di uno di questi guru, fatemelo sapere, per favore.
Se fosse così semplice, tutti saremmo degli abili risparmiatori.
Il problema di queste metodiche, secondo me, per quello che ho visto, risiede nel dare consigli di tipo numerico (dividi il tuo patrimonio in tot, metti da parte il 30, spendi il 20, non fare affidamento sul 50), affiancati a qualche regoletta di vita spicciola, per poi lasciarvi a voi stessi: sgarrerete non appena girato l’angolo, perché non avrete minimamente ricompreso, in questa metodica, molti aspetti della vostra vita che vanno inseriti, pena la poca applicabilità del metodo sul lungo termine.
Cosa ne è dei rapporti interpersonali: homo œconomicus vs. uomo reale
L’homo œconomicus della dottrina economica classica è un essere egoista, che vive per massimizzare il proprio tornaconto economico, il cui benessere coincide con l’essere più ricco possibile.
L’uomo preso in considerazione nei metodi di cui vi ho parlato è l’homo œconomicus: il vostro unico scopo, secondo questi metodi, è risparmiare il più possibile, prescindendo dalle azioni che dovrete metter in campo per arrivarci.
Se si continua a dare norme prescrittive, come fanno questi metodi, in cui si dice come dovremmo comportarci, invece di norme descrittive, partendo dalla descrizione di come davvero viviamo e ci comportiamo, non si andrà molto lontano.
Interdisciplinarità e complessità
Al di là di quanto pensiamo, i soldi non sono fungibili (=interscambiabili), non hanno tutti lo stesso peso nella nostra mente.
Se esaminiamo 100 euro, presi dal nostro stipendio, ci pensiamo bene prima di spenderli per quel cd in edizione speciale. Ma se troviamo 100 euro per strada, forse saremo più propensi a farlo. Ma come, non sono sempre 100 euro?
Sì, ma per un nostro sistema di “contabilità mentale“, quei 100 euro trovati per strada andranno a finire in un cassetto di entrate extra, che fa sì che avremo meno remore a spenderli subito (Fonte: Fabrizio Ghisellini, Finanza quotidiana. Come investire senza troppi errori, editori Laterza).
Il mental accounting è una teoria dell’economista Richard Thaler, che ha affiancato teorie economiche ad osservazioni psicologiche per delineare come davvero ci comportiamo quando si parla dei nostri soldi: la contabilità mentale fa sì che suddividiamo il nostro patrimonio in parti, caratterizzate da un valore non equivalente. Il tutto è rappresentabile da una piramide, alla cui base ci sono una gran quantità di soldi che per noi costituiscono una sicurezza e che non rischieremmo mai. Ci sono altre suddivisioni, fino ad arrivare alla punta della piramide, costituita da un piccolo insieme di soldi su cui accettiamo di rischiare di più.
Quindi i soldi, nella nostra testa, non hannno tutti lo stesso valore.
In più, la finanza comportamentale scopre che l’uomo non ragiona (per fortuna) solo in modo egoistico: è calato in un sistema familiare, ha attorno a sé delle persone care, per cui, in alcuni casi, è meglio che ci si comporti con i propri soldi nel modo migliore, tenendo conto delle esigenze di tutti, e non nel modo più razionale (massimizzando egoisticamente il proprio rendimento). Insomma, preferiamo in realtà essere un po’ meno ricchi, ma circondati dai nostri cari, che ricchissimi e soli (questo, naturalmente, nella maggior parte dei casi).
Suggerimento di lettura: “Canto di Natale” di Charles Dickens, perché se dobbiamo pensare ad un’eccezione alla mia ultima frase, come fare a non pensare al buon vecchio Ebenezer Scrooge? 🙂
Ultima modifica il 19/11/2019